Una settimana in giallo (Italian Edition) by unknow

autore:unknow
La lingua: ita
Format: epub
editore: Sellerio Editore
pubblicato: 2021-12-05T22:00:00+00:00

Lo riconosco: è il canto dei tonnaroti di Favignana, il canto della mattanza finale. L’ho studiato all’università, quando preparavo antropologia culturale.

«Capitano, dove siamo?» chiedo.

Si riscuote, come provenisse da un altro luogo.

Allarga le braccia, indica la costa lontana.

«Quella è la Sicilia, verso Sciacca. Ho buttato giù l’ancora, siamo sull’isola. Ora dobbiamo solo aspettare».

«Che isola?» chiedo.

«Qua sotto, l’isola Ferdinandea. È venuta fuori dal mare duecento anni fa. La volevano tutti: inglesi, spagnoli, borboni. Stava per scoppiare una guerra, poi un giorno l’isola è tornata sott’acqua, sollevando sabbia e schiuma. Anche noi aspettiamo, se restare a galla o andare giù. Sei diventato pirata, Lamanna?».

«Mi adeguo alla situazione» dico, indicando la benda nera sull’occhio.

Esco dalla sala comandi. Capitan Uncino riprende il suo canto di tonnaroto.

Il mare è limpido, trasparente. Il fondale di sabbia è bianco. Un banco di pesci argentati passa sotto la nave, brillando al sole. Sarde: ignorano che finiranno sotto sale.

Appoggiato al parapetto c’è un giovane alto quasi due metri. È uno dei sopravvissuti al naufragio, scruta l’orizzonte.

«Comment ça va?» faccio.

E mi sento un idiota: chiedere come va a chi ha appena visto la morte, manco fosse il vicino di casa incontrato all’ascensore.

«Bene, ora bene. Parlo italiano. Poco, ma parlo italiano» risponde.

«Senegal?».

Sorride.

«Non si domanda paese, non sai?».

«Perché?».

«Io Senegal, ma forse Mali, forse Nigeria. Io senza documenti, io dico paese che serve per diventare italiano. Tu vuoi Senegal? Io Senegal».

«Mi sembra giusto, mister Senegal».

«Tu amico. Africano italiano» mi dice con una manata sulla spalla.

«Hai ragione, sono siciliano».

«Siciliano, fratello africano».

E se ne va via molleggiato nelle sue infradito. Sarà un parente di Piccionello?

L’isola di fronte, l’isola sott’acqua, isole in mare aperto. Siamo isole in un oceano di solitudine. Chi l’ha detto? Scialpi o Giorgio Amendola?

Dal ponte di sotto sento parlare. Mi sporgo. Luca e Zoe discutono animatamente. Faccio un passo indietro per non farmi vedere.

«No, Luca, te l’ho già detto» dice Zoe.

«Hai visto, no? È pericoloso. Pensi che tutti sono buoni, ma non è così».

«Non farmi passare per stupida».

«Non ho detto questo. Tra questa gente c’è anche gente cattiva, non sappiamo da dove vengono, cosa hanno fatto. Proviamo a vivere in un altro modo. Una casa, una famiglia, un progetto. Ci sono tanti modi per aiutare gli altri. Anche a terra».

«Uffa, mi stanchi. Una casa, una famiglia. Sei un borghesuccio».

«Sì, sono borghesuccio. Ti amo e voglio stare con te. Ma in una casa, non sempre sopra una barca».

Vedo Luca che abbraccia Zoe. All’inizio lei resiste, poi cede al bacio.

Tutto è bene quel che finisce bene.

«Zoe, ho un’idea» fa Luca, «chiamiamo papas e ci facciamo sposare. Qui, adesso, subito».

Zoe ride. È proprio bella.

«Sei scemo, Luca. Secondo te sposo il primo che passa?».

Trovo venti messaggi sul telefono.

Carmelo Sardo ne ha mandati otto, tutti uguali.

«Compare, dove sei finito? Vuoi fare un’intervista telefonica per il Tg5?».

Gli rispondo di chiamarmi più tardi. Sono le due, ormai l’edizione è andata in onda. Se ne riparla per stasera.

Vado a mangiare qualcosa.

Le cucine hanno preparato polpette di sarde al sugo. Saranno le stesse sarde di poco fa?

Al tavolone comune siamo in tanti, ancora sovraeccitati per l’impresa della notte scorsa.

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